martedì 2 febbraio 2010

Quel grande statista di Bettino

«Vi sono molti italiani per cui il caso Craxi è ancora, e deve restare, esclusivamente giudiziario. [...] Credo che commettano un errore. Non possiamo ridurre la vita di Craxi al suo epilogo giudiziario» (Sergio Romano, Corriere della Sera, 18 gennaio 2010).
Lasciamo quindi da parte le due condanne in via definitiva, a cui faremo soltanto un breve accenno alla fine dell'articolo, e parliamo del Craxi “statista”.

Politica economica:
Il periodo di massima influenza di Bettino Craxi si può individuare dalle elezioni del 1979 a quelle del 1992. Nel 1980 il rapporto debito/Pil è pari al 56,6%, nel 1992 è praticamente raddoppiato, arrivando a 105,2%. Cos'è successo nel frattempo? Alla fine degli anni Settanza il livello del debito pubblico aveva raggiunto quote considerevoli; Craxi, salito al potere, avrebbe dovuto - da “grande statista” - far scendere la spesa al di sotto delle entrate tributarie: solo in questo modo si sarebbe stabilizzato il rapporto debito/Pil. Ebbene, la direzione intrapresa dall'allora Presidente del Consiglio fu opposta, e la spesa continuò a salire (dal 36,9% del Pil nel 1980 al 41,7% nel 1983, stabilizzandosi intorno al 42-43% nel 1992), nonostante all'epoca ci si trovasse dinanzi a condizioni favorevoli nel ciclo internazionale, che avrebbero permesso di ridurre le spese senza alcun contraccolpo nella politica interna.
L'unica spesa che si andò a ridurre fu quella destinata alle paghe dei lavoratori: il 14 febbraio 1984 infatti un decreto del governo Craxi, in seguito convertito nella legge 219/1984, abolì la “scala mobile” - l'aumento della retribuzione da lavoro in accordo all'aumento del costo della vita - la quale permetteva che rimanesse costante il potere d'acquisto. Che la manovra fosse o meno necessaria, per ragioni di bilancio, economisti e politici ne hanno discusso a lungo (e ne discutono tuttora); colpisce tuttavia che, in un periodo in cui la corruzione era già molto diffusa anche in ambienti politici, si cercò di risolvere il problema - causato in larga parte proprio dalle tangenti - aggravando il peso sulle spalle di lavoratori che agivano nella piena legalità, e non invece combattendo l'illegalità, ad esempio nella gestione dei subappalti che portava ad un aumento vertiginoso del costo per qualsiasi costruzione in suolo italiano (per maggiori informazioni si veda il capitolo “condanne”). Il denaro mangia se stesso, in una spirale sempre tesa al raggiungimento di una maggiore ricchezza.
Un'altra “soluzione” viene trovata nell'aumento delle imposte dirette, che porta ad un corrispondente aumento del Pil (da 31,4% a 41,9%, dal 1980 al 1992). La spesa però cresce ancora, e nei quattro anni di Craxi alla presidenza del Consiglio il rapporto debito/Pil aumenta di 20 punti, giungendo nel 1987 al 88,5% e al 105,2% nel 1992, anno dell'inizio di Tangentopoli e della discesa politica di Craxi (fino ad allora rimasto in posizioni di potere: erano gli anni del CAF).

Politica interna:
Tra le sue “grandi riforme”, spicca il rinnovo del concordato con la Chiesa (datato 18 febbraio 1984). Ma è stato veramente merito suo? A leggerlo, lo spirito laico da dirigente del PSI non emerge affatto (basti dare un'occhiata all'articolo 9 comma 1, dove di fatto si apre la strada ai finanziamenti pubblici alle scuole cattoliche - quindi private). Il nuovo Concordato, come rivela “La Stampa”, era già pronto prima del suo arrivo alla presidenza del Consiglio e da lui è stato solo firmato: a dimostrarlo un protocollo del 1976 sottoposto da Aldo Moro a Pietro Nenni, il quale è stato alla base - senza che ne venissero minimamente cambiate le linee guida - del nuovo concordato siglato da Craxi. «Non ho mai avvertito la presenza di Craxi se non al momento della firma», testimonia poi Lajolo il quale si è occupato, insieme al cardinale Agostino Casaroli, della revisione del concordato. Potremmo dire, con piglio satirico, che di questa riforma Craxi sia stato un semplice prestanome; ma ci sarebbe ben poco da ridere.
Da non dimenticare poi il più grande condono che la storia italiana ricordi (anche questo volto a racimolare un po' di denaro, visti gli sperperi figli di un sistema corrotto come quello dell'Italia craxiana), una vera e propria legalizzazione degli abusi edilizî, a firma di Nicolazzi nel 1985. Se non altro perché, visto il suo lungo e tortuoso iter parlamentare, nell'attesa che la legge venisse promulgata (un anno e mezzo) nel Bel Paese sono sorte un milione di nuove costruzioni abusive.
Infine la legge Mammì (legge 223/1990), con cui le tv dell'allora imprenditore Silvio Berlusconi, le quali trasmettevano illegalmente su tutto il territorio nazionale, sarebbero state messe a norma. Legge bocciata dalla Corte Costituzionale (con sentenza 5-7 dicembre 1994, n.420) a causa dell'incostituzionalità dell'art. 15, quarto comma («Le concessioni in ambito nazionale riguardanti sia la radiodiffusione televisiva che sonora, rilasciate complessivamente ad un medesimo soggetto, a soggetti controllati da o collegati a soggetti i quali a loro volta controllino altri titolari di concessioni, non possono superare il 25% del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre»), nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva: vìola infatti il principio pluralistico espresso dall'articolo 21 della Costituzione. Ma a qualcosa questa legge è servita: il “grande statista” Craxi ha infatti intascato, sui conti constellation financiere e northern holding - entrambi gestiti da Giorgio Tradati - una tangente di 21 miliardi versata dallo stesso Berlusconi.

Politica estera:
Riguardo i rapporti con i paesi esteri resta la “crisi di Sigonella” del 1985, ultimo segnale di netta contrapposizione al governo degli Stati Uniti da parte di quello italiano. Un segnale forte, visto di buon occhio da chiunque mal sopporti la politica imperialistica americana. Ma quant'è vera e profonda questa rottura con gli USA? Da un fascicolo riservato del Sisde, datato 12 giugno 1980 (quando il Psi era già da 4 anni nelle mani di Craxi) e pubblicato dall'Espresso il 7 gennaio 1994, viene riportato una vicenda interessante: prima dell'arrivo di Jimmy Carter - all'epoca presidente degli Stati Uniti - in Italia, la Cia si occupa di acquisire notizie riguardanti l'assetto politico italiano; da una «fonte solitamente bene informata» emerge che Claridge e Healy, due funzionari della Cia, si sono mostrati molto interessati riguardo il «ruolo del Psi nella situazione politica attuale». Questo particolare interessamento viene giustificato, dal Sisde, con i «consistenti aiuti da parte americana verso il Partito Socialista Italiano». Fino a che punto si può quindi parlare di opposizione all'America, se questi sono i presupposti?

Condanne:
Passiamo ora ai procedimenti giudiziarî: Craxi è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 6 mesi di reclusione il 12 novembre 1996 - ma da luglio 1995 era latitante ad Hammamet - per le tangenti (17 miliardi di lire) pagate alla Sai nell'aprile 1992 per aggiudicarsi in monopolio l'assicurazione di oltre 120 mila dipendenti dell'Eni.
Inoltre è stato condannato (sempre in via definitiva) a 4 anni e 6 mesi il 20 aprile 1999 per le corruzioni e i finanziamenti illeciti negli appalti della metropolitana milanese e del Passante ferroviario.
N.B. In quegli anni per costruire un km di metropolitana a Milano ci volevano 192 miliardi, ad Amburgo 45.

Che quest'accenno serva da memorandum: perché se è pur vero che «non si può ridurre la vita di Craxi al suo epilogo giudiziario», è anche vero che quest'epilogo non lo si può ignorare completamente. E magari dedicare al “grande statista” una via.

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