Venerdì 29 agosto esce il nuovo numero di Panorama, al cui interno un articolo titola «Prodi intercettato». Non è mia intenzione analizzare le accuse avanzate dal settimanale per evidenziare la loro maggiore o minore rilevanza giuridica, né tantomeno prendere la vicenda, accostarla alle intercettazioni di Berlusconi e Saccà sulle raccomandazioni di attrici o a quelle di D'Alema riguardanti la scalata bancaria Bnl-Unipol e lanciare il solito monito ad una classe politica degradata.
No, la mia intenzione è quella di svelare un altro tassello del "piano Berlusconi", inerente alle misure che il premier ha intenzione di prendere in ambito delle intercettazioni.
Primo appunto: il settimanale Panorama è edito dal gruppo di Silvio Berlusconi.
Secondo appunto: il giorno seguente la pubblicazione dell'articolo contenente i testi di alcune telefonate di Romano Prodi, Italo Bocchino (vice capogruppo del Pdl alla Camera) annuncia: «è innegabile l'accesso e l'abuso di intercettazioni in Italia, così come è innegabile che serva una riforma che auspichiamo sia rapida e condivisa dal Pd».
L'incongruenza è sotto gli occhi di tutti. E, con essa, anche il reale intento dell'attuale governo: quello di far diventare legge il ddl sull'uso delle intercettazionim trovando l'accordo con il PD, sentitosi attaccato dalle accuse a Romano Prodi.
Diamo un'occhiata al ddl, scritto lo scorso 13 giugno. Esso prevede una pena di 3 anni di carcere per chi pubblica conversazioni e di 5 anni per i pubblici ufficiali che le diffondono. Fortunatamente nel testo del ddl si fanno alcune eccezioni per quanto riguarda i reati punibili con pene superiori a 10 anni e quelle di corruzione e concussione (ovvero i così detti "reati della casta"). Ma, prima della pausa estiva, era stato lo stesso Silvio Berlusconi a definire la scelta di inserire queste ultime due eccezioni «un errore». E, il fatto che il commento sia proprio del Presidente del Consiglio, lascia intuire il peggio.
Il peggio per il giornalismo e per la libertà d'informazione, ben inteso, non per il politico di turno, finalmente al sicuro. In seguito alla pubblicazione delle chiamate di Prodi, nonostante egli stesso abbia detto «pubblicate pure le mie telefonate. Sono contrario a una legge sulle intercettazioni che limiti i poteri dei pm» (a differenza di qualcun altro, il quale grida subito alle cospirazioni delle «toghe rosse»), all'interno del Pd si sono levate molte voci a sostegno del ddl, come quella di Massimo D'Alema, di Antonio Latorre, di Guido Calvi, di Ermete Realacci... Non poteva poi mancare anche la benedizione del "pulito" ex guardasigilli, Clemente Mastella, anche lui intercettato qualche mese fa.
Con l'appoggio del Pd non sarà un duro compito per il Pdl mettere a tacere (non puntandoci sopra i riflettori e volendo mostrare, con l'approvazione del ddl all'unanimità, come esso sia necessario per il bene del Paese) le ignobili catene che si vorrebbero applicare a stampa e magistratura.